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Come scrive Italo Calvino nel racconto “Avventura di un fotografo”, «basta che cominciate a dire di qualcosa: “Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto e che quindi bisognerebbe vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita». Siamo nel 1955. Calvino, dotato di arguzia non comune, anticipa di decenni un tema che trovo più che mai attuale e affascinante: il nostro rapporto con la memoria. Siamo circondati da immagini, tanto che la soglia della nostra attenzione si è abbassata a pochi secondi. Il mondo ci scorre davanti veloce, momenti che varrebbe la pena salvare mescolati ad amenità che rubano inutilmente il nostro tempo.

Quante foto sono custodite nelle memorie labili dei nostri smartphone e quante sono al sicuro, nelle cornici o negli album? Come scegliamo – se davvero lo scegliamo – quello che merita di essere salvato dall’oblio? Ho fatto questa riflessione guardando l’immagine che abbiamo scelto per la copertina di questo numero. La bambina scalza che cammina in cucina con lo sguardo un po’ imbronciato è la fotografia perfetta della vita che corre veloce, l’attimo catturato dall’obiettivo e restituito un po’ mosso, come uscito da una vecchia Polaroid. Uno di quei momenti di trascurabile felicità da conservare in un cassetto e tirare fuori ogni tanto. La primavera catturata in uno scatto.

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